Guerra di Russia 1942-43: I ricordi di Renzo Cazzaniga
Intervista di Valentino Crippa al reduce di Russia
Renzo Cazzaniga classe 1922 è l’unico rimasto in vita dei 27 barzanesi della sua leva. Lo dice con commozione, sono tutti morti. E pensare che lui ne ha passate tante! A cominciare dalla sua avventura in terra di Russia tra l’aprile 1942 e il giugno 1943 che ci vuole raccontare.
Prima un passo indietro. Da gennaio a aprile 1942 Renzo si trova militare di fanteria vicino a Ventimiglia. La guerra è cominciata e un treno lo porta nel teatro di guerra. Ventimiglia, Milano,Brennero,Austria, Germania e Polonia. Qui al confine con la Russia tutti giù dal treno e in cammino…a piedi! “Ci dissero che i binari russi erano più larghi di quelli europei e il treno non poteva proseguire…” E allora a piedi per circa 900 chilometri fino al fiume Don la meta prestabilita da raggiungere. Ogni giorno 30-35 Km per un mese di fila. A fine maggio arrivammo finalmente al Don. Qui tutti fermi per mesi accampati nelle tende in attesa del nemico e con l’arrivo della stagione fredda facendoci ospitare forzatamente nelle case degli abitanti del posto. Ovviamente in questa fase eravamo occupati nei turni di guardia. Insieme altri quattro Barzanesi. Due noti alpini, Mottadelli Livio di Barzanò e Corbetta Sandrino di Dagò. Poi Antonio Motta classe 1901 inviato a settembre come supplemento insieme a Beretta Angelo di Torricella classe 1915. Quest’ultimo purtroppo ha trovato subito la morte ad attenderlo.
Renzo, come era equipaggiato l’esercito italiano?
La divisa era grigio verde, gli scarponi con fasce (un solo paio) e un cappotto leggerissimo.Armati con il 91 un fucile più alto di me. Così si facevano i turni di guardia anche nell’inverno inoltrato. Ogni mezz’ora c’era il cambio ma nel frattempo il passamontagna con le gelate (a Natale si registrarono 35 gradi sotto zero!) si bagnava. Rientrando in casa una volta l’ho misi per asciugarlo vicino al forno che serviva anche a fare il pane e mi si bruciò.
Nell’inverno del 1942 inizia l’offensiva russa?
Sì, prima di Natale iniziarono gli spari di cannone e mortai. Le bombe piovevano vicino a noi. Carri armati e aerei erano in buona parte di produzione americana forniti ai russi. E noi avevamo solo questi miseri fucili e qualche mitragliatore che si inceppava perchè l’olio dei meccanismi che permettevano il funzionamento gelava. In pratica eravamo disarmati. I tentativi disperati che cercavamo di mettere in atto consistevano nello sparare sulla superficie ghiacciata del fiume Don. Rompere il ghiaccio per impedire l’attraversamento del fiume dei carri armati nemici. Ma i forellini delle pallottole nel ghiaccio si rimarginavano subito per il forte gelo.
Allora è cominciata la ritirata?
Si, e se non fosse stato per una certa resistenza tedesca con gli Stuka (aerei da combattimento) non avremmo avuto il tempo per ritirarci. Ma ormai nemmeno loro erano in grado di fermare l’avanzata russa. Iniziava la ritirata fino a Kiev. Molti si nascondevano nei campi sterminati di girasoli seminati ma non raccolti. Da lì i feriti non uscivano più e così anche molti soldati ai quali congelavano i piedi. In queste condizioni abbiamo caricato in spalla un soldato napoletano. Ma fuori di una radura quattro partigiani russi armati ci fermarono. Mi sono detto: adesso ci fucilano… Invece ci hanno ospitato con loro alcuni giorni, medicando le ferite, dandoci da mangiare e insegnandoci la strada da percorrere per il ritorno a casa. Era il 13 dicembre 1942 Santa Lucia.
Renzo a questo punto si commuove. Ha un nodo alla gola , deve dire qualcosa di importante che lo inquieta profondamente nell’animo.
Io ho aiutato a fucilarne sei di russi dice piangendo. Un giorno fuori di pattuglia abbiamo incrociato dei disertori dell’esercito russo. Sono stati messi al muro. Io e altri non volevamo fucilarli. I nostri superiori ci hanno detto: se non li fucilate andate al loro posto! Questa è la guerra. Si uccidono persone che fino a ieri non si conoscevano, che non ci avevano fatto nulla…Della mia compagnia dalla Russia sono tornati in 37 su 220. Siamo risaliti in treno a Kiev per tornare in Italia. Per 14 mesi siamo rimasti con gli stessi abiti e impossibilitati a lavarci compiutamente. Passando vicino a Auschwitz ci dissero che era un campo di addestramento tedesco…
Barzanò 27 gennaio 2011
Grazie Renzoi per la tua testimonianza piena di umanità…sulla tua poelle hai vissuto la realtà della guerra…e sulla tua pelle hai verificato che la guerra è una “inutile strage” …che ti fa uccidere “inutilmente”persone…proprio persone come te e non manichini o comparse cinematografiche. ed hai anche ….sempre sulla tua pelle…scoperto che l’umanità c’è anche in guerra…magari dove non tel’aspetti!!
E grazie a ‘Il barzanese’ ed a Valentino Crippa che mi ha fatto scoprire aspetti preziosissimi di RENZO,che frequento da anni,ma non conosco!!!
Avete fatto bene a pubblicare l’intervista nel Giorno della Memoria…che deve restare viva per i nostri figli
Grazie Valentino per la bella intervista. Occasione per ricordare i nostri concittadini morti per guerre o come in questo caso, protagonisti di esperienze molto dolorore. Anna