VALTER CHIRICO SINDACO Di BARZANO
80° Anniversario del sacrificio dei fratelli Besana
100° Anniversario della inaugurazione del Parco delle Rimembranze
Ci sono momenti che per una comunità rivestono una importanza particolare. Oggi ci ritroviamo qui, ancora una volta in uno dei luoghi del cuore per Barzano, il parco delle Rimembranze, per un ricordo di quello che accadde, ormai tanti anni fa. Questo parco ha compiuto i suoi primi 100 anni il 29 Giugno 2024, inaugurato in occasione del 75°
anniversario dalla morte di Luciano Manara.
Anche per dare un segno dell’importanza di questo luogo, nel quale è bello fermarsi a riflettere o passeggiare, abbiamo colto l’opportunità di poterne ripristinare il viale principale. Ascolteremo tra poco una ricostruzione della sua storia, ma permettetemi di aggiungere a questo breve ricordo un ringraziamento sentito a chi, volontariamente, si prende cura di questi spazi, del verde splendido che lo compone così come delle targhe e delle zone dove sono posti i monumenti. Un lavoro prezioso per il quale tutta la comunità è riconoscente.
Se abbiamo scelto il parco delle Rimembranze per dare omaggio ai fratelli Guerino e Carletto Besana non è un caso. Il ricordo di avvenimenti come quelli dell’Ottobre del 1944 non deve essere rimosso dalla memoria collettiva, così come non bisogna dimenticare il sacrificio di quanti lottarono per un ideale di libertà; e per i Barzanesi questo è il luogo del ricordo, il monumento ai caduti della prima grande guerra, il monumento allalpino Antonio Valsecchi, ogni singola targa a ricordo dei caduti, ne sono la testimonianza.
Tra poco ascolteremo anche un breve ricordo di quanto accadde tra l’11 e il 15 Ottobre del 1944, ma vorrei che riflettessimo su un punto in particolare. Trascorrere la propria vita in contesti di guerra o di oppressione, allora come oggi, porta i più sensibili a scelte dolorose ma necessarie, pur sapendo che il sacrificio più grande ti aspetta, che dovrai rinunciare ad affetti, amicizie, magari alla tua stessa vita, ti senti pronto a portare fardelli anche pesanti pur di raggiungere il tuo obiettivo, la libertà: consapevole che sarà probabilmente una condizione che non potrai vivere direttamente, proprio perché magari dovrai sacrificare la tua vita per questo. Non c’è opera di altruismo maggiore: chiunque agisce per il bene altrui merita un ricordo perenne, ecco perché siamo qui oggi e perché abbiamo il dovere di continuare a ricordare Guerino e Carletto Besana che, poco più che ventenni, fecero parte di quelle schiere grazie alle quali, oggi, siamo un paese libero.
MAGNI ALBERTO ANPI PROVINCIALE
Porto alle Autorità civili, religiose e militari e a tutti gli uomini e le donne che ci onorano della loro presenza, i saluti dell’Anpi provinciale e il ringraziamento per essere qui in occasione dell’80° Anniversario della morte dei fratelli Besana.
“La memoria – è stato detto – è un lavoro da contadini, non da scrittori. La si coltiva come si coltiva la terra. La si rivolta, la si concima. E’ una campagna che dà frutti buoni da rosicchiar coi denti, un sostrato di zolle nel quale il gesto di piantare non a caso somiglia al gesto di seppellire”. Si semina memoria per vedere spuntare il futuro, il domani, e si seppellisce ciò che non darà frutto, sprofondandolo nella terra dell’oblio.
Se la memoria è una fragile pianticella che bisogna costantemente innaffiare, il suo sguardo è volto a quel che deve avvenire, la memoria non è rimpianto, non è nostalgia, non è il passato, ma ciò che del passato rimane nel presente delle donne e degli uomini. Quando la memoria esplora il ricordo del passato per affrontare la vita, cioè quel che avviene e quel che avverrà, allora essa diviene uno strumento collettivo per interpretare la realtà e per cambiarla. Ecco allora che quella pianticella non rimane sola e isolata in un campicello brullo e spoglio, ma vede crescere altre pianticelle a formare assieme a loro una comunità di memoria, memoria attiva,sentinella civile, se ciò accade si può stare certi che non si affievolirà e non si perderà il valore della trasmissione di memorie.
Nell’Italia di oggi, fare memoria, conservare memoria, trasmettere memoria, non è un compito facile, sono considerate dalla maggioranza dei cittadini attività noiose, oziose perdite di tempo, anche presso quelle agenzie culturali e istituzioni, come la scuola, nelle quali il filo della memoria appare sempre più consumato e sempre sul punto di spezzarsi: 2 Ne deriva che dobbiamo coltivare gelosamente le nostre memorie, le quali si richiamano all’antifascismo da cui è nata la Costituzione repubblicana. A ognuno le sue memorie. Spiace deludere chi si è inventato questa grottesca idea della “memoria condivisa”, non c’è nulla da condividere con chi un giorno sì e l’altro pure nelle dichiarazioni e nell’agire politico calpesta i valori a cui s’ispira la legge fondamentale del nostro
Stato. “Oggi siamo di nuovo un Paese fascista……
E’ ora di accorgersi che sta avanzando, presso una parte consistente dell’opinione pubblica, un’immagine positiva del Ventennio.
Vigiliamo: sono passati cent’anni dall’assassinio del deputato socialista Giacomo
Matteotti, ucciso da sicari comandati dal duce del fascismo, Benito Mussolini, il mandante dell’assassinio. Con Matteotti venne ucciso anche un simbolo del pacifismo e dell’antimilitarismo per mano di un dittatore guerrafondaio che mandò a morire migliaia di italiani, in Grecia, in Russia in Jugoslavia in Albania, un
‘criminale’ a cui centinaia di amministrazioni comunali, anche della nostra provincia, conferirono cent’anni fa la cittadinanza onoraria (1924).
Essere qui, oggi, significa alimentare, innaffiare e consolidare in un abbraccio collettivo con le nostre presenze le pianticelle della memoria di Carletto e Guerino
Besana e di tutti coloro che ci hanno insegnato che cosa significa sacrificare la propria vita per affermare gli ideali di pace e libertà.
SIRONI GIOVANNI
COMMEMORAZIONE DEI FRATELLI GUERINO E CARLETTO BESANA COMUNE DI BARZANÓ
Subito dopo la proclamazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943 anche in Brianza si organizzano movimenti di partigiani. A Barzanò opera il conte Gianfranco Della Porta, medaglia d’argento nella prima guerra mondiale. Diplomatico di carriera, mette la propria villa a disposizione di coloro che non accettano l’arruolamento nelle truppe della RSI, collaborando nella costituzione di gruppi partigiani piccoli ma molto efficienti, nel quale si distinguono i due fratelli Guerino e Carletto Besana,
i quali quasi subito salgono in Valsassina.
E nel Luglio del ’44 che Carlo, recuperate delle armi con un compagno, viene intercettato a San Feriolo da due repubblichini: ne nasce un conflitto a fuoco nel quale Carlo rimane ferito. Dolorante e sfinito, viene accompagnato dal Conte Della Porta dove viene curato all’interno della torre rimasta del vecchio castello. La madre, ammalata, viene trasferita a Besana B.za mentre le sorelle, si offrono prigioniere pur di non rivelare dove si trovano Carletto e Guerino.
Quando Guerino scende per conoscere le condizioni del fratello, i due si incontrano nel bosco del Costone vicino a Sirtori. Alla fine decidono di rientrare in Val Biandino, nonostante Carlo non sia completamente ristabilito.
L’11 ottobre, al mattino, parte il rastrellamento nazifascista della Valsassina e delle valli laterali per eliminare tutti i gruppi partigiani. I nazisti, aiutati dai fascisti locali, distruggono i rifugi di montagna e incendiano centinaia di casolari con lo scopo di intimorire la popolazione affinché non presti aiuto ai partigiani. Nel pomeriggio dello stesso giorno Guerino sta risalendo la mulattiera che da Introbio sale alla Val Biandino, con altri compagni. Il gruppo viene intercettato e attaccato dai nazifascisti.
Mentre assiste un compagno ferito, Guerino è investito da una raffica di mitragliatrice. Pur gravemente ferito, risale la valle, vuole avvertire i compagni del grave pericolo. È ormai sera, quando viene ritrovato in una grotta, con lui è il fratello Carlo. Nonostante gli inviti dei compagni e del comandante la brigata Rosselli, Sam, viste le gravissime di Guerrino, Carlo non vuole, non può lascialo solo, e alle 23,30 circa Guerino gli muore tra le braccia.
Egli costruisce un muretto all’ingresso della grotta per evitare che i nazifascisti lo scoprano. Mentre è impegnato in questo lavoro viene scoperto e arrestato.
Dopo un primo feroce interrogatorio presso il comando SS di Casargo, Carlo viene portato ad Introbio dove viene calato con tredici compagni in un pozzo pieno di ghiaccio. Nonostante sia sottoposto a torture non rivela dove siano i compagni e rincuora gli altri ragazzi che erano con lui. Il 15 ottobre, dopo aver scritto la toccante lettera alla mamma, viene fucilato.
Don Arturo Fumagalli, parroco di Introbio, il 17 ottobre scrive una lettera a don Redaelli, l’allora parroco di Barzano, dove ricostruisce gli ultimi giorni di Carletto: “caro Curato, il Signore mi ha affidato una missione estremamente delicata e dolorosa a un tempo…. Domenica 15 ottobre fui pregato dal Comando Militare di assistere sei giovani, condannati a morte mediante fucilazione….
Tra di essi vi è un certo Besana Carlo fu Alessio e di Fumagalli Genoveffa di Barzano. Si è preparato santamente con perfetta rassegnazione alla volontà del Signore; … Da questo momento fino all’estremo anelito non un lamento, non un’imprecazione, non una parola di odio sulle labbra. (…) mi ha pregato di salutare tutti i suoi cari, e ha accettato la morte in spirito di espiazione e purificazione.
Mi ha pure pregato di dire, come scritto nel biglietto che oggi ho consegnato ad una persona fidata, che il fratello Guerrino lo ha assistito lui stesso prima che morisse. Dopo venti o forse trenta minuti di attesa si sale sull’autocorriera n. 15 della S.A.L. col plotone di esecuzione e col corpo di ufficiali. Si percorre la provinciale lungo tutto il paese, mentre la gente costernata a poco a poco si rende conto della triste realtà. Si accompagnano i sei nel prato retrostante il cimitero, suggerendo loro qualche giaculatoria e poi, diversamente da quanto era stato assicurato al parroco dal capitano, i condannati vengono da un ufficiale accompagnati ad uno ad uno alla sedia”.”
Il suddetto Carlo Besana esclama “Che el va ul prém de Barzanò!
Nella riorganizzazione dei gruppi partigiani il conte Della Porta chiamerà le sue due brigate una
Carletto e l’altra Guerino Besana, a ricordo dei suoi due amici.
Ecco ora il testo della lettera:
“Cara mamma fatevi coraggio quando riceverete la notizia della nostra morte, ho ricevuto i Sacramenti e muoio in pace con il Signore. Mamma non pensate al fratello Guerrino perché l’ho assistito io alla sua morte.
Arrivederci in Paradiso. Figlio Carlo. Ciao”
Enrico Spreafico nella sua ricostruzione delle vicende dei fratelli Besana ricorda che nel 1970, Sandro Pertini, allora presidente della Camera dei Deputati, nella prefazione ad un’antologia sulla
Resistenza cosi le commentava: “…e particolarmente commovente risulta il racconto del sacrificio dei fratelli Guerrino e Carletto
Besana, ferocemente trucidati, uno dopo un agguato in una boscaglia l’altro dopo sevizie bestiali. Le pagine che descrivono l’agonia di Guerrino e gli ultimi momenti di Carletto dovrebbero, secondo me,
figurare nei libri di testo delle scuole.”
Ricostruzione della nascita del parco delle Rimembranze
Al termine della prima guerra mondiale nel 1919 tutti i comuni, furono “invitati” a innalzare un monumento per ricordare i militari morti per completare l’Unità d’Italia.
Il consiglio comunale di Barzanò costituisce l’apposita commissione di cui fanno parte oltre al sindaco Bondonio, gli imprenditori Beretta e Figliodoni, il parroco don Bedoni ed alcuni tra i maggiorenti.
La commissione nella riunione del 3 agosto 1919 delibera di coinvolgere tutta la popolazione di Barzanò nella realizzazione del monumento, di una lapide e di un “libro d’oro” nel quale narrare le biografie dei caduti. Per questo vengono stampati 50 manifesti di grandi dimensioni da affiggere in tutti i luoghi pubblici e nelle sedi delle associazioni barzanesi; le famiglie ne sono informate con 400 lettere loro inviate. Il Segretario della Commissione “viene incaricato di redigere un elenco preciso di tutti i militari deceduti durante la recente guerra, possibilmente distinguendo i nominativi di coloro ugualmente deceduti in seguito a ferite di guerra.” Il libro d’oro è presente in Comune nell’ufficio del Sindaco.
“Il 7 marzo 1920 la ditta Vanoli Carlo fu Paolo di Lecco, viene incaricata di costruire il monumento da consegnarsi il 3 giugno. Il costo verrà coperto oltre che dal comune anche da sottoscrizione pubbliche.
La popolazione di Barzanò è coinvolta con un referendum, per stabilire dove il monumento dovesse essere eretto. Venne deciso che il monumento dovesse essere collocato “Tra la seconda e la quarta pianta di Viale Manara”, dove adesso c’è la banca.
Il monumento viene inaugurato il 6 giugno 1920.
Verso la fine del 1922 l’Amministrazione Comunale viene sollecitata dal Prefetto affinché, dopo aver realizzato il monumento ai caduti, costruisca un Parco delle Rimembranze, per onorarli degnamente.
Il 19 gennaio 1923 la Commissione che aveva coordinato i lavori per il monumento viene incaricata di individuare l’area sulla quale costruire il Parco delle Rimembranze.
L’individuazione dell’area sulla quale inserire il Parco, non fu semplice perché i componenti della Commissione presentavano soluzioni diverse.
Nel frattempo, al di fuori della commissione municipale, si muove un comitato popolare che individua nei terreni che fiancheggiano Viale Manara la sede ideale per il Parco.
La Commissione accetta questa proposta. I proprietari ben volentieri mettono a disposizione sia gratuitamente che a cifre irrisorie i terreni. Il Parco delle Rimembranze viene inaugurato il 29 giugno
1924 in ricordo del 75° anniversario della morte di Luciano Manara.